Il Vangelo non è fatto per fossilizzarsi in un’unica “dimora”, ad appannaggio esclusivo di alcuni.
È fatto per attraversare le storie, le situazioni, le vicende, le relazioni degli uomini e delle donne. Intrecciarsi con tutto ciò, interpretandolo e lasciandosi interpretare.
Così vive, così è vivo, così fa vivere.
1. Ingresso.
Mettiti alla presenza del Signore.
Cerca la calma.
Fa’ un lento segno di croce.
Chiedi allo Spirito la pace interiore, la libertà di cuore e la capacità di accogliere i suoi doni.
2. Leggere e gustare
Vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti». (Mt 8, 18-22)
Leggi il brano con grande attenzione cercando di comprendere «che cosa dice».
Presta ascolto a quali parole o versetti ti suscitano reazioni interiori significative e soffermati gustandone il sapore, buono o cattivo che sia.
Se ti sono d’aiuto, utilizza gli spunti seguenti per meglio comprendere il testo.
Note per la comprensione del brano.
Nei versetti precedenti a quelli che commentiamo, Gesù ha compiuto una serie di guarigioni a Cafarnao che hanno spinto la gente a stringerglisi attorno per portargli malati e indemoniati.
Sul far della sera, ancora circondato dalla folla che lo pressa, dà ordini ai suoi di imbarcarsi per spostarsi sulla riva orientale del lago, sconfinando in terra pagana. Le ragioni della traversata non sono spiegate, ma l’utilità del suo sconfinamento risulterà chiara a partire dagli incontri che farà in quel territorio.
Prima di partire, però, Gesù viene fermato da uno scriba che esprime il desiderio di seguirlo, formulando una promessa tanto ardita quanto carica di entusiasmo e di passione.
Lo scriba sembra conoscere Cristo come uno in costante cammino e senza fissa dimora, dicendosi pronto a condividerne lo stile.
Matteo, in realtà, nel suo Vangelo tramanda anche la tradizione dell’esistenza di una dimora stabile per Gesù, ma preferisce dare maggior rilievo alla dimensione itinerante del suo ministero.
La risposta che lo scriba riceve è fulminante: colui che è chiamato a giudicare e salvare il mondo vive in una condizione di forte precarietà e di reale povertà.
Quasi emulo dello scriba, uno dei discepoli chiede licenza al Maestro di espletare il dovere familiare di dare sepoltura al padre prima della partenza.
Gesù risponde con una tale rudezza e severità che lasciano senza parole. Sembrano perfino contraddetti tanto il comandamento dell’amore che quello dell’onorare i genitori, la cui importanza Gesù stesso ha ricordato in precedenza.
Come leggere una simile radicale richiesta?
La frase è un ossimoro e come tale non può certo essere presa come un’indicazione di comportamento generale e normativa. Inoltre, è rivolta a chi aveva già fatto la scelta radicale di mettersi in strada con Gesù, per una vita da “predicatore itinerante”.
La scelta per il Regno di Dio comporta delle contraddizioni e contrapposizioni forti rispetto al mondo. Chi predica il Regno deve farsene carico e deve mostrare anche questa contraddittorietà con scelte congruenti, quale quella di rompere con la famiglia.
Si tratta dunque dell’invito a non temere di compiere gesti profetici forti e rudi, come quello suggerito, che mostrino la priorità dell’adesione al Regno di Dio rispetto a qualsiasi altra esigenza.
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3. Ascoltare e Confidare
Interroga il testo cercando di coglierne il messaggio essenziale (cosa rivela di Dio, dell’uomo, del mondo, dei valori fondamentali?).
Colto il messaggio, applicalo alla tua vita. Che cosa ti dice il testo?
Dialoga con il Signore confidandogli quel che ti è sorto nel cuore.
Se ti sono d’aiuto, utilizza gli spunti seguenti per meditare il brano.
Spunti per la riflessione sul testo.
Lo si spiega con l’urgenza di diffondere il buon annuncio, con l’impulso incontenibile di andare incontro all’altro per farsi prossimo, con la preoccupazione che nessuno venisse escluso.
Eppure, se così si motiva l’ostinato camminare di Gesù, non si riesce con quelle ragioni a giustificare la precarietà come stile di vita nel portare il Vangelo.
Non avere dove posare il capo può essere considerato solo funzionale alla missione, del tipo “meglio viaggiar leggeri”, oppure alla stregua di un atteggiamento strategicamente utile a guadagnare credibilità?
Non credo.
Forse, quella precarietà è qualcosa che riguarda direttamente il Vangelo, il nucleo stesso del messaggio lasciato da Gesù.
Penso alla capacità dell’annuncio cristiano di mantenere una chiara identità e un’innegabile solidità, pur adattandosi ad ambienti, culture, epoche, contesti molto diversi tra loro.
Gesù non mette radici in un ambito elitario (anche la sua appartenenza a Israele è forte ma non esclusiva), d’altra parte si radica profondamente nella relazione con l’umano che incontra, facendosi carico del suo destino.
È il Vangelo intero ad avere questa caratteristica. Non è fatto per fossilizzarsi in un’unica “dimora”, ad appannaggio esclusivo di alcuni. È fatto per attraversare le storie, le situazioni, le vicende, le relazioni degli uomini e delle donne. Intrecciarsi con tutto ciò, interpretandolo e lasciandosi interpretare.
Così vive, così è vivo, così fa vivere.
La fatica evidente della Chiesa di oggi nel dialogare scioltamente con il mondo – con le dovute eccezioni, ovviamente – ha tutta l’impressione di venire dal tentativo di sedentarizzare il Vangelo, che invece è fatto per tutt’altro.
Di fossili son già pieni i musei, tra l’altro.